L'esperimento
Oggi non ho avuto tempo di pensare a niente... conseguenza?Vi leggete un raccontino d'archivio...giusto per non lasciarvi a bocca asciutta ^-^
L'esperimento
Le pareti dell’aula, piccola e poco affollata, scintillavano sotto la luce bianca e fredda dei neon. Per quella singolare dimostrazione serale era stato convocato solo il gruppo dei più fedeli assistenti del Professore. La stanza appariva più spaziosa poiché i banchi e le panche, usuali durante le ore di lezione, erano stati rimossi e solo la cattedra troneggiava nella sua consueta posizione. Affiancato alla cattedra aveva trovato posto un oggetto voluminoso misteriosamente coperto da un lenzuolo bianco.
La segretezza era la principale mania del Professore. L’altra sua stramba caratteristica era l’avversione immotivata che nutriva da sempre verso le finestre chiuse.
Gli assistenti erano quindi pazientemente rassegnati alle folate di vento gelido che dall’esterno si riversavano dentro l’aula anche in pieno inverno.
Uno dei più giovani rabbrividì guardando con aria cupa il pesante cappotto che era costretto ad indossare e che gli impacciava non poco i movimenti, ma l’essere stato invitato ad assistere a quell’esperimento era un onore che non aveva nemmeno osato sperare fino a qualche giorno prima.
Il Professore, altro suo vezzo, si faceva attendere come sempre mezz’ora, ma sulla puntualità dei suoi stessi ritardi gli assistenti potevano regolare gli orologi.
Infatti, come da tutti previsto, alle 21:30 aprì la porta dell’aula con un voluminoso rotolo di fogli sotto il braccio sinistro.
“Buonasera a tutti, vogliate perdonare il mio ritardo.”
Quella era la formula di rito, bisognava adesso che tutti quanti in coro rispondessero:
“Nessun problema, Professore. Mezz’ora non è nulla in confronto all’Eternità!”
Ma quella sera il vecchio docente sorrise e scosse la testa:
“No, cari ragazzi poiché l’Eternità, come del resto il Tempo, non esiste!”
Gli assistenti più anziani si guardarono tra loro, perplessi e anche preoccupati che le troppe ore di studio avessero definitivamente schiantato la sanità mentale del loro mentore.
Senza dare peso a quelle occhiate il Professore aveva posato i fogli sulla cattedra e stava riunendoli in fascicoli da distribuire ai presenti.
Quando ebbe finito rialzò la testa e si fregò le mani:”Benissimo, possiamo cominciare.”
E si voltò verso la lavagna cominciandola a riempire di calcoli.
“Professore” azzardò il Primo Assistente “Non sarebbe preferibile esporci brevemente in cosa consiste questo esperimento prima di procedere alla sua dimostrazione?”
“Hai ragione, caro. Dimenticavo che non ho mai parlato con nessuno di voi della mia teoria. Sono idee che turbinano nella mia mente da molti anni oramai, ma che non ho mai voluto condividere con anima viva.”
Poggiò il gesso sulla cattedra e rivolgendosi ai suoi attenti uditori cominciò a parlare:
“Come ho già annunciato: il Tempo non esiste. Né come dimensione, né come grandezza.
Abbiamo sempre considerato in maniera erronea il Tempo come un concetto fisico da utilizzare per stabilire la contemporaneità o l'ordine di una serie di eventi, abbiamo sempre ritenuto, a torto, che esso sia una delle grandezze fondamentali, analogo alla lunghezza e alla massa. Ma tutto ciò è inesatto e io stasera lo dimostrerò grazie a questo.”
E indicò l’oggetto nascosto dal lenzuolo.
“Cosa sarebbe, Professore?” il Primo Assistente, che si era auto delegato a portavoce dei suoi colleghi, azzardò a chiedere con una vena di preoccupazione nella voce indicando a sua volta l’oggetto misterioso.
“Vedrete, dopo. Ora lasciatemi continuare senza interrompere.”
Tutti annuirono e in un silenzio irreale prestarono ascolto al vecchio insegnante fino alla fine.
“Viaggiare nel Tempo è da sempre considerato impossibile, sia per i paradossi logici che comporta sia per l’oggettiva difficoltà di ‘afferrare tra le dita’ ,passatemi questa infelice definizione, gli attimi che fuggono inesorabilmente.
Il Passato svanisce nel momento esatto in cui viene vissuto, così come il Presente che subitaneamente si tramuta in Passato e il Futuro è totalmente intessuto di possibile da apparirci lontano ed imprevedibile. Questo perché abbiamo sempre teorizzato il Tempo come un continuum.
Ma se invece non si trattasse di una linea retta che infinitamente si srotola in due direzioni, ma fosse piuttosto una sequenza di mondi il problema potrebbe essere risolvibile.”
Il Professore riprese il gesso tra le dita ingiallite dalla nicotina delle sue infinite sigarette e tracciò sulla lavagna una sequenza di rette distanziate tra loro di pochi millimetri.
“Ecco. Cari ragazzi, immaginate che esista un mondo per ogni istante, per ogni attimo che state vivendo o che avete vissuto o che vivrete. Infiniti istanti, infiniti mondi per infinite vite. Tutti posti sullo stesso piano, tutti affiancati e paralleli ognuno separato dagli altri e inaccessibile ad ognuno.
State pensando, ve lo leggo negli occhi, che io sia pazzo! Non scuotete la testa, lo so e capisco i vostri dubbi perché sono stati anche i miei al principio. Ma è così:infiniti mondi,uno per ogni istante della nostra vita e tutti Contemporanei!
Ciò vuol dire che, e faccio solo un esempio, una volta abbattuta la barriera che separa questo piano della mia esistenza con il piano del me stesso più giovane di vent’anni, io posso raggiungere quel mondo fisicamente per poter osservare la mia vita dall’esterno come un ospite senza modificare nulla nel mondo da cui io provengo. Aggirando, dunque, i paradossi.”
Gli assistenti erano in fermento, si agitavano grattandosi pensosamente le teste.
La teoria era indubbiamente affascinante, ma era anche dimostrabile?
Come sempre fu il Primo Assistenze a parlare:
“Professore, avrà fatto di sicuro tutti i calcoli e potrà dimostrare che le sue parole sono comprovate da verifiche e…”
Fu interrotto dal Professore che con gesto teatrale aveva tirato via il lenzuolo scoprendo finalmente l’oggetto misterioso.
Un grigio armadietto di ferro come ce ne sono in tutte le Facoltà di tutti i mondi Possibili, Paralleli e Contemporanei!
Incontenibili risolini serpeggiarono tra gli assistenti, i più giovani soprattutto cominciarono a pensare agli impegni rinviati per assistere a quelli che sembravano adesso essere solo i vaneggiamenti di un vecchio pazzo.
“Professore, quello è l’armadietto del Dipartimento di Fisica Quantistica?” chiese ancora una volta imbarazzato l’auto delegato Primo Assistente.
“Ottima deduzione, caro! Da cosa lo hai capito?” il tono del Professore era adesso vagamente canzonatorio.
“Ehm, dall’etichetta sull’anta, Professore.” rispose arrossendo fino alla radice dei capelli il giovane.
“Per questo sei diventato il mio Primo Assistente, ragazzo mio! Le tue capacità di ragionamento non mancano mai di stupirmi.” Il Professore gli porse il lenzuolo ripiegato e l’assistente lo prese con mano incerta.
“Questo proviene dalla casa del custode, invece.” disse il vecchio strizzando l’occhio ”sarà tua cura restituirlo il prima possibile.”
L’assistente annuì e arretrò di qualche passo.
Il Professore riprese la sua spiegazione:
”Questo armadietto proveniente dal Dipartimento di Fisica Quantistica, come sagacemente osservato dal vostro collega, è la prima macchina creata per varcare le barriere dei mondi.
Dovete sapere che in alcuni punti la realtà diviene rarefatta, ‘sottile’ si potrebbe affermare, per questo con le adeguate strumentazioni di cui ho dotato il mio prototipo è possibile prima individuare questi ‘punti deboli dell’esistenza’ e poi passarci attraverso al fine di raggiungere la destinazione prefissata.”
Con la mano fece scattare la serratura e l’anta di ferro dell’armadietto si aprì con un cigolio:
”Dovrei oliarla” borbottò tra se il Professore mentre la classe intera sgranava gli occhi.
All’interno c’era un piccolo pannello di controllo con decine e decine di luci intermittenti che ronzavano nell’aria gelida della stanza.
Il vecchio docente spiegò brevemente:
”Questi sono i comandi principali, possiamo settare il punto di arrivo con precisione millimetrica. Gli apparati sono capaci di individuare i nodi in cui
“L’ha già provato, Professore?” chiese il Primo Assistente.
“Certo che si!” rispose spazientito il vecchio “O pensavate che questa convocazione fosse solo un’inutile perdita di tempo?”
Tutti quanti negarono in perfetta sincronia scuotendo il capo.
“Benissimo, nei miei precedenti tentativi ho solo effettuato spostamenti di pochi minuti, ma stasera voglio tentare davanti ai vostri occhi una transizione ben più congrua, cento anni dovrebbero essere sufficienti.”
“Cento anni? Ma Professore, non le pare rischioso?” Il Primo Assistente era ansioso, come se premendo quel bottone l’intera Facoltà di Fisica potesse saltare in aria.
“Zero rischi, caro. E’ tutto minuziosamente calcolato” e indicò i fascicoli ordinati sulla cattedra “falli girare, c’è una copia per ognuno di voi. Leggeteli con calma e tra una settimana potremo discutere ogni vostra perplessità. Anche se ritengo che dopo la dimostrazione di questa sera non ce ne sarà alcun bisogno.”
Si tolse il pesante cappotto e lo porse al giovane, poi sorridendo chiese:
“Non mi augurate buon viaggio?”
Tutti in coro risposero:”Buon viaggio, Signore!”
Detto questo entrò, non senza le difficoltà dovute all’artrite, nell’angusto armadietto e chiuse la porta dietro di se.
Gli assistenti per un attimo ebbero l’impressione che il mondo tremolasse dinnanzi a loro come quando d’estate si guarda la strada evaporare sotto il sole cocente, ma fu solo per un istente.
Dall’armadietto non proveniva alcun rumore, niente di niente che desse segno che un uomo di grossa corporatura vi fosse rinchiuso all’interno.
Dopo cinque minuti di perplessa attesa il Primo Assistente chiamò:
“Professore! Tutto bene lì dentro?”
Nessuna risposta, nessun rumore.
“Forse si è sentito male” azzardò uno dei ragazzi.
“Ma no, avremmo sentito dei rumori se fosse caduto!” contestò un altro.
“Dobbiamo aprire quella maledetta porta!” sentenziò un terzo.
“Avete ragione” confermò il Primo Assistente “dobbiamo aprire a costo di essere cacciati dalla facoltà per aver fatto fallire l’esperimento. Chi apre?”
“Ma tu, ovviamente!” risposero tutti in coro.
Il Primo Assistente deglutì rumorosamente e si avvicinò rabbrividendo all’armadietto silenzioso.
“Professore…ehm…io devo aprire…è chiuso dentro da un bel po’…”
Ancora nessuna risposta.
Con mano malsicura fece pressione sulla maniglia e spalancò l’anta. Vuoto!
Il pannello di controllo ronzava ancora sommesso, ma il Professore non c’era.
Guardarono meglio, un mucchietto di polvere grigia giaceva sul fondo dell’armadio, ma una folata di vento gelido proveniente dalla finestra aperta l’agitò per un istante e poi la disperse.


4 Comments:
Pigra! Pigra! Pigra!
Trallallà! Bellissimo racconto, anche se già letto...comunque ho saputo che esperimenti del genere negli anni 50 avvenivano davvero...modificare lo scorrere del Tempo all'interno di uno spazio chiuso
Bello, bello davvero! E anche in questo caso non saprò mai cosa succederà dopo... è il mio difetto. vorrei sempre sapere che succederà dopo!
Ma che pigra! A volte non ho nemmeno il tempo per organizzare le idee, sigh!
Grazie dell'apprezzamento ragazzi e Witch, sai una cosa... vorrei sapere anche io cosa succede dopo, ma i racconti decidono da soli come cominciare e come finire...io non sono responsabile.
^-^
eh, anche un'altro scrittore dice sempre così e anche lui mi lascia a bocca asciutta! ^__^ ... In fin dei conti non è tanto importante il finale, ma come ci si è arrivati. Se solo non fossi così curiosa!
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